Si dice che sia stata Diana Vreeland, icona indiscussa della moda e grande anticipatrice di tendenze, a portare il caftano per la prima volta sulle pagine di una rivista patinata. Erano gli anni ’50, e la giornalista trend-setter tornava da un viaggio in Marocco durante il quale aveva intuito le potenzialità di questo capo per la moda femminile (lo indossava lei stessa). Aveva ragione da vendere: immediatamente, tutte le donne lo vollero, tutti gli stilisti presero ispirazione per rielaborarlo, tutti i sarti iniziarono a declinarono nelle forme più disparate. E ancora oggi, nel pieno del 2021, rimane uno dei pezzi più amati, scelti, ricercati dell’estate, specialmente come elegante copricostume.
Il caftano (o caffetano) possiede infatti una particolare caratteristica, non comune nel mondo della moda: può essere un elegante abito ma anche un capo per il tempo libero e il relax. Ideale per stare a bordo piscina a leggere un libro, per sorseggiare un aperitivo in spiaggia, per trascorrere una giornata di relax in barca, per pranzare o fare colazione in hotel della riviera. Mixa l’allure boho-chic con la praticità di un capo che si sfila in un attimo, ed è leggero e fresco. La sua presenza scenica è, il più delle volte, notevole, specialmente quando si indugia in stampe variopinte o tagli particolarmente ampi delle maniche. Comfort e lusso, fascino esotico ed eleganza europea. Non c’è nulla da fare: il caftano è e rimane il copricostume più elegante della stagione vacanziera.
Ma da dove nasce il caftano? Come accennato, Diana Vreeland lo portò dal Marocco, dove è un capo di abbigliamento maschile largamente diffuso, così come in tutto il Nord-Africa e Medio Oriente – con le dovute differenze stilistiche tra un Paese e l’altro. La sua origine sarebbe molto antica, e si suppone sia nato in Persia, nel 600 a.C. circa, come variazione della classica tunica. Caratterizzato dalle maniche svasate e dalla lunghezza che arriva a coprire le caviglie, si è ben presto diffuso in tutti i paesi attorno al Mediterraneo. Gli Ottomani lo resero particolarmente celebre confezionandone modelli ultra-lussuosi e finemente ricamati (i sultani ne possedevano collezioni che ancora oggi sono materiale da museo). Divenne un capo sontuoso, portato nelle corti più prestigiose, lo si poteva ammirare ricamato in fili d’oro, incrostato di pietre preziose, colorato con rarissime tinture.
Per molti secoli il caftano rimase un capo esclusivamente da uomo, ma non appena fece il salto culturale che lo portò sulle pagine delle riviste occidentali entrò nel guardaroba femminile, per non andarsene mai più. Tra gli anni Sessanta e Settanta divenne un capo amato dagli hippy e dalle hit girl della summer of love, da Thalita Ghetty (che si faceva confezionare i caftani da Yves Saint Laurent) a Joni Mitchell, e fu ben presto apprezzato anche dalle signore dell’alta società e dalle icone del cinema, da Grace Kelly a Elizabeth Taylor.
Naturalmente, sotto la spinta creativa degli stilisti come Emilio Pucci, Roy Halston, Zandra Rhodes, Missoni, mutò e si adattò ad ogni epoca e cultura, conservando tuttavia una certa, solida omogeneità stilistica. Lo troviamo con o senza bottoni, con maniche più ampie o meno, stretto in vita o completamente svasato, accorciato o asimmetrico, ma la sua identità è sempre forte e immediatamente riconoscibile.
Altri tipi di copricostume
Se il caftano è un capo troppo scenografico per la vostra estate, ci sono naturalmente altri modelli di copricostume su cui puntare, che dal capo iconico discendono ma non ne replicano le fattezze in modo esatto. Ci sono ad esempio ampi e morbidi abiti che del caftano ricordano la forma ampia e morbida, ma liberano le spalle e le braccia per una maggiore freschezza e libertà. Oppure, dei minidress svasati e ampi, semplici tuniche che comunque evocano il fascino dei paesi a sud del Mediterraneo, accorciatesi per donare un effetto più sbarazzino (e anti-caldo).
Non sottovalutiamo poi il potenziale stilistico di uno dei più classici copricostume al mondo: il pareo. La sua forza sta nelle mille possibili fogge in cui lo si può indossare. Semplicemente attorno ai fianchi per coprire glutei e gambe, annodato dietro alla nuca, avvolto attorno al busto: in base all’occasione si può decidere come impiegare questo capo che altro non è che un ampio tessuto rettangolare la cui interpretazione è assolutamente libera. Anche il pareo, a onor del vero, è stato preso in prestito da una cultura a noi lontana: quella polinesiana. Nelle splendide isole che compongono l’arcipelago, veniva (viene) tradizionalmente utilizzato sia dagli uomini che dalle donne, e arrivò alle nostre latitudini grazie al cinema degli anni ’40 e ’50, che metteva in scena storie ambientate in luoghi esotici. È considerato un copricostume meno elegante di un caftano, ragion per cui è consigliabile indossarlo solo in spiaggia (o in piscina) e magari per andare al bar a prendere un gelato.